Si, ho fatto l’Hoffman Quadrinity Process e, se ora sei qui a leggere queste righe, è perché vuoi sapere cos’è e, soprattutto, vuoi sapere se è veramente così “miracoloso” come dicono. Lo so perché anche io, la prima volta che ho sentito parlare dell’Hoffman, sono corso su Google a cercare maggiori informazioni. Ero contemporaneamente impaziente di farlo e diffidente. Istinto e razionalità lottavano in me. Ma a un certo punto ho capito che volevo e dovevo farlo. Per questo ora mi trovo qui a scrivere. Non per convincerti a farlo, ma per offrirti la mia personalissima esperienza. Oltre alla mia c’è anche quella di Roberto (che prima di fare il mio Hoffman mi ha parlato della sua esperienza e mi ha dato ottimi consigli su come affrontarlo al meglio) e di Bogdan, un mio compagno di questa meravigliosa avventura.
Quando si tratta di dover spiegare cos’è l’Hoffman Quadrinity Process, mi trovo spesso in difficoltà a trovare le parole giuste per spiegarlo. Ma ci provo. L’Hoffman è un corso residenziale di sette giorni, molto intenso, dove si va a scoprire perché sei come sei e, soprattutto, chi sei veramente, a differenza di quello che ti racconti o che fai vedere di te. È stato sviluppato negli anni ’60 da Bob Hoffman e, ad oggi, è presente in molte parti del mondo.
Ho sentito parlare per la prima volta dell’Hoffman in un periodo in cui sentivo un forte malessere dentro di me. Migliaia di pensieri mi giravano in testa e, fra tutti quanti, non riuscivo a capire quale fosse quello che mi procurava una continua ansia. Ero giunto anche alla consapevolezza di non dare alla mia vita, sia personale che lavorativa, il 100% ma soltanto il minimo indispensabile. E questo mi rendeva ancora più ansioso. Un circolo vizioso in cui non vedevo nessuna via d’uscita. La mia tristezza era palese anche agli occhi di chi non mi conosceva.
Ma poi un giorno incappo in un video in cui Michael Wenger, l’uomo che ha portato il metodo Hoffman in Italia, parla di questa settimana di ritiro. Rimango folgorato. Decido quindi di farlo anche io!
In quei sette giorni senza cellulare e senza altre distrazioni, ho riscoperto me stesso, mi sono perdonato e ho perdonato. Sulla strada del ritorno a casa, mi sono reso conto che nella mia testa c’era finalmente un meraviglioso silenzio. I pensieri non erano più incontrollabili e assordanti, ma tutti belli ordinati come libri in una libreria, dove io potevo finalmente scegliere a quale dare voce e ascolto. Scegliere infatti a quale pensiero dare la mia attenzione ed energia è senza dubbio una nuova conquista. La settimana Hoffman mi ha fatto comprendere anche altri atteggiamenti che ignoravo, perché magari non erano così evidenti o perché mi scombussolavano in maniera indiretta.
Capire il mio procrastinare, la mia mancanza di fiducia verso il prossimo, il mio essere molto spesso in ritardo è un gran miglioramento. E con il passare del tempo potrò sicuramente comprendere anche altri atteggiamenti negativi che ho, capire da dove provengono ed eventualmente modificarli. Ho anche acquisito quelle che io chiamo delle “abitudini positive” che mi sono quotidianamente di grande aiuto. Oggi sono in grado di ascoltarmi e capire cosa voglio e anche cosa NON voglio. Il cambiamento è talmente evidente che anche le persone che mi sono intorno lo percepiscono. Magari appaio semplicemente più simpatico o attraente, ma comunque “diverso” da prima. Inoltre, in questa settimana, ho anche smesso di fumare. Non era minimamente uno dei miei obiettivi del percorso e quindi lo considero un meraviglioso bonus.
Ho fatto l’Hoffman… e meno male! L’esperienza di Roberto.
Vorrei innanzitutto premettere che all’epoca avevo 65 anni e avevo già fatto diversi percorsi di crescita personale, ritiri di meditazione e di preghiera, oltre che a svariati anni di psicoterapia dovuti alla mia turbolenta e traumatica infanzia, alla conseguente infelice adolescenza ed alle difficoltà nell’affrontare la vita da adulto. Un’altra premessa è dovuta al fatto che, essendo un’esperienza assolutamente speciale, non si può raccontare e descrivere nei particolari e nei passaggi davvero unici e a volte inaspettati, posso solo raccontare come dentro di me si è svolta, cosa ha rappresentato ed il suo senso per la mia vita attuale.
Così come mi era stato consigliato da mia moglie, mi sono lasciato scivolare in questo processo e mi sono fidato nonostante andassi incontro ad una prova davvero sconosciuta e, come mi era stato assicurato, di grande intensità. Bel posto, persone interessanti e da subito tanto, tantissimo lavoro su di sè, isolati dal resto del mondo ma protetti dalla rete dei docenti dell’istituto ed in particolare da quello dedicato a te, tutti di una disponibilità pazzesca e un’accoglienza empatica infinita. L’intensità mi ha subito colpito, abbiamo lavorato tutti insieme ma il lavoro è stato sempre personale su di me.
Come dice il nome del corso, ci si concentra sulle nostre quattro parti di cui siamo formati: l’anima o parte spirituale, la razionalità o ragione, la parte emotiva e la parte intuitiva. E’ stato un continuo e incessante lavoro fisico/emotivo/spirituale/intellettuale che mi ha permesso di osservarmi in tutte le mie dinamiche, da quelle assimilate e messe in atto da bambino per essere amato, a quelle che poi hanno continuato a farmi funzionare in modo disfunzionale da adolescente prima e da adulto poi, sino alla mia parte giudicante che ho dentro e che, come un genitore troppo presente ed invadente, mi giudica limitandomi nelle mie azioni e pregiudicandone a volte la qualità.
E’ stata una lenta ma continua ed inaspettata regressione nella mia vita. Ho vissuto un susseguirsi incessante di emozioni di tutti i tipi, forti, spesso fortissime, a volte di quelle sopite che quasi non mi ricordavo di averle mai vissute. Per me spesso si è trasformato tutto in pianto, pianto di tutte le intensità ed i colori: da quello della disperazione a quello della compassione, dal pianto calmo del perdono a quello potente e acceso della rabbia. Sette giorni di lavoro di trasformazione.
Poi c’è il gruppo che mi ha sostenuto, tutti lì come me, tutti messi a nudo col cuore aperto. A tutti loro ho mostrato la mia fragilità e la mia vulnerabilità. Quanto mi ha fatto bene non sentirmi solo ma capire col cuore e vivere l’umanità profonda dell’altro ed il suo schiudersi di nuovo alla vita. La fine dell’esperienza è stata potente, simbolica e catartica e mi piace riviverla ancora come un momento di fusione e di riconoscimento di me stesso, ma ora libero e unificato. Quando il processo è finito e sono tornato a casa mi sono sentito come appena nato, spaesato, fragile, uscito da una bolla, una sensazione stranissima di sentirmi indifeso. Fortunatamente mia moglie mi ha protetto e per qualche giorno sono stato tranquillo ed in silenzio. Poi il tempo è ritornato a scorrere nella normalità ma non più come prima.
Ho smesso da subito il lamento per il mio passato che racchiudeva però il dolore che finalmente ho sentito sino in fondo e di cui mi sono liberato, lasciandolo andare col perdono. Il lavoro su me stesso, il mio lavoro di crescita non si è mai interrotto. Concludere l’Hoffman per me non è stato un punto di arrivo, anzi, è stata una ripartenza su nuove basi grazie alla consapevolezza che ora il destino è davvero nelle mie mani e che la responsabilità ora è davvero tutta ed esclusivamente mia, senza se e senza ma.
Dal mio punto di vista ho ripreso il potere ed il controllo sulla mia vita. Le persone di questa incredibile avventura ed i loro volti pian piano sbiadiscono col tempo e l’esperienza delle piccole cose passa, mi resta forte la sensazione di aver vissuto un evento magico, trasformativo. Mi porto con me, profondamente dentro me, quella formidabile sensazione di sentirmi sempre più uno scoglio in mezzo al mare, sempre pronto a battermi e a resistere se il mare è tempestoso, ma ora, finalmente, sono disponibile anche a gioire e a riposare se c’è il sole e la brezza.
Spero che questa mia esperienza possa esserti utile.
Ho fatto l’Hoffman… e meno male! L’esperienza di Bogdan.
Prima di fare l’Hoffman il mio pensiero era: “Voglio cambiare il modo di percepirmi e pensare a me stesso: da qualcuno che agisce passivamente, secondo schemi di sopravvivenza assorbiti in giovane età ad uno che capisce attivamente di poter cambiare ed andare oltre questi modi di pensare, fare e vivere la propria vita.” Concretamente, mi rendo conto in molte circostanze di andare in modalità pilota automatico e di agire in modo irrazionale, o quanto meno in un modo che non rispecchia la persona che ambisco ad essere. Se, per esempio, anche una piccola cosa nella vita di tutti i giorni non va come io mi ero immaginato sarebbe dovuta andare, spesso mi sento arrabbiato (e mi sento una vocina in testa sibilare “Nulla va mai nel verso giusto per me”, o simili) e soprattutto “impotente” davanti all’evento.
Dimentico completamente per qualche istante quanto di buono io abbia nella vita e quante cose io abbia raggiunto e realizzato. Invece, torno a sentirmi un bambino indifeso davanti ad una situazione più grande di me / al papà che non era contento di qualcosa che avevo fatto. Quando affronto un problema provo un senso di depressione, di impotenza ed un certo fatalismo, e.g., “perché è capitato a me questo problema? / non me lo merito” oppure cerco di guardare immediatamente di chi sia la colpa, sia in altre persone, sia incolpando me stesso. Invece vorrei sviluppare di più la mia resilienza e capacità di risolvere i problemi.
In situazioni del genere arrivo molto rapidamente a rivedere la mia vita nel retrovisore ed arrivo ad incolpare mio papà per i suoi modi e modelli di educazione. Sebbene questo magari mi serve nel breve termine a superare quella minicrisi ed andare avanti pensando di aver identificato chiaramente il colpevole del mio modo di pensare (papà), mi rendo anche conto che non mi prendo la responsabilità al 100% di dire a me stesso “Questa è la tua vita, non vivi più con i tuoi genitori da più di 10 anni e puoi cambiare ed andare oltre gli schemi del passato”.
Voglio diventare più capace a guardare al mio passato con lenti diverse: non come qualcosa di tragico che mi è successo, sfortunatamente, e del quale ora debba subire le conseguenze (un pò come uno stress post-traumatico), ma dal quale possa slegarmi ed al quale possa guardare secondo i miei termini: “Se mi sei utile ti mantengo presente nella mia vita attuale, altrimenti ti lascio andare. Non ti rinnego, bensì come nella pratica della meditazione, ti osservo, accetto la tua esistenza, ma non ti trattengo”.
Soprattutto, voglio guardare mio figlio, che ora ha quasi nove mesi, senza la paura di “diventare mio padre”, la paura di non essere adeguato ad accompagnarlo nella vita nel processo di diventare la migliore versione di sé stesso. Penso di rimproverare a mio padre di avermi voluto far diventare una qualche versione di sé stesso, considerando le sue abitudini, il suo modo di pensare e fare come regole assolute dalle quali non si poteva prescindere, invece di pensarmi come un essere a sé stante, con il potenziale di crescere e svilupparsi in un modo unico.
Dopo l’Hoffman ci sono alcuni elementi non positivi che sento presenti nella mia vita o che sembrano ancora un po’ in stand by, in fase di attesa prima che forse riescano a migliorare o ne risentano dell’effetto di questa intensa settimana. Sento un forte contrasto con le sensazioni degli ultimi giorni dell’Hoffman, quell’energia positiva, quasi euforica, che mi pervadeva. Anche come frutto, secondo me, di molte realizzazioni personali che avevo fatto in quei giorni e del fatto di aver condiviso con tante altre persone questo viaggio molto intenso.
In 7 giorni si vedono altre persone in difficoltà, piangere e poi rinascere in qualche modo. Questo mi ha anche ridato molta fiducia nell’umanità, e di conseguenza credo anche in me stesso. Alcune situazioni nella vita di tutti i giorni si ripresentano e magari noti che alcune cose non sono ancora migliorate e alcuni tuoi vecchi atteggiamenti partono in automatico, e sei scettico e sfiducioso. D’altronde questi sono tutti territori inesplorati per te, e come fai a sapere se stai facendo “bene”? Sviluppare insomma quel forte senso del giusto, di un’intuizione che ti sappia mantenere centrato nei tuoi propositi e fiducioso nelle tue capacità, non è facile. Ed il rischio è di far partire il pilota automatico, il vecchio me, alimentato dai suoi complessi ed insicurezze, e lasciargli mano libera a condurre la mia vita.
Ma ora ho gli strumenti giusti per affrontare la vita di tutti i giorni, le tragedie e le gioie. Sono tornato a casa dalla settimana Hoffman euforico, mi sembrava di amare tutto, di poter essere vulnerabile ed allo stesso tempo in pace con me stesso, non mi sentivo giudicato e sentivo che potevo cominciare a credere in me. Ora sono in grado di fermarmi e analizzare i miei comportamenti, modificando se necessario alcuni atteggiamenti. Non sarà sempre facile ma ora almeno so cosa fare. E tra qualche mese o anno il mio cambiamento in positivo sarà molto più evidente.
Cos’è quindi l’Hoffman Quadrinity Process? Per me è capire chi sei veramente e dare un nome a tutte quelle maschere che indossi quotidianamente… anche con te stesso. È capire che non sei il tuo carattere e i tuoi atteggiamenti possono essere modificati. L’Hoffman tira fuori la parte migliore di te. L’aver incontrato 21 splendidi compagni di corso con cui ho pianto e riso, con cui mi sono confidato e con cui ho condiviso tanto mi ha fatto ricredere molto sul genere umano. Tutti noi possiamo essere persone migliori e possiamo rendere il mondo un posto decisamente migliore. Ognuno di noi può fare la differenza e questo l’Hoffman te lo mette davanti agli occhi.
Se deciderai di fare questa esperienza, tieni a mente che l’Hoffman non risolve o elimina i tuoi problemi con un colpo di spugna ma ti dà gli strumenti per poterlo fare. Dovrai poi essere tu ogni giorno a lavorarci e ad ascoltarti. Il consiglio che ti do è lo stesso che mi diede Roberto prima di fare il mio Hoffman: lasciati completamente andare a questa esperienza.
Ciao e buon viaggio!
Se volete avere maggiori informazioni visitate il sito dell’istituto Hoffman oppure potete iniziate ad esplorare questo percorso leggendo il libro “Cambiare si può. Un futuro diverso dal passato con il Metodo Hoffman.” disponibile su Amazon.
Leggi anche:
L’importanza delle api: intervista al CEO e Founder di 3Bee
Quali sono le 7 meraviglie naturali del mondo?
Seguici su: